< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 50 PARLIAMONE CON / di Nizola Mazzucato* Ecologia e crowdfunding Andrea Grigoletto: per finanziare gli interventi ecologici servono strumenti partecipativi innovativi L’ articolo 6 dell’Accordo di Parigi alla COP25 - Madrid Dicembre 2019 - è stato ancora vittima delle potenti ‘economie del carbonio’ rinviando così il nodo centrale sulla regolamentazione globale del mercato di carbonio. Mentre dall’alto dei Paesi non ci si muove molto, dal basso si stanno consolidando molti strumenti concreti e partecipativi al servizio della conversione ecologica. Fondamen- tale, fra questi strumenti per promuovere il cambiamento, è sicuramente il “crowdfun- ding”, rispetto al quale la Fondazione Fenice Onlus si presenta oggi come uno dei prin- cipali attori, tramite la formazione di professionisti consapevoli e motivati. Di questo abbiamo parlato con Andrea Grigoletto, Direttore Tecnico di Fondazione Fenice e Referente ECN-ISG per la formazione e qualifica dei professionisti del Crowdfunding. Perché siete convinti che il crowdfunding possa giocare un ruolo de- cisivo rispetto alle grandi sfide dell’ecologia? «Enunciare in termini generali le sfide della "conversione ecologica" è facile, tradur- lo in proposte concrete non è semplice, richiede visioni e conoscenze innovative. Efficienza energetica e fonti rinnovabili, agricoltura e alimentazione sostenibili, mo-51 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 In questo panorama in continua evoluzione e di crescita, lo European Crowdfunding Network (ECN; Asso- ciazione Europea con sede a Bruxelles), Fondazione Fenice e Unioncamere Lombardia hanno dato vita all’ ECN- ISG (Italian Strategic Group) con l’obiettivo strategico di sviluppare il primo percorso professionale certificato sul crowdfunding in Italia sia per i pro- fessionisti che per i semplici investitori. Scopo del Gruppo Formazione e Qua- dri di Qualifica, sotto la responsabilità di Fondazione Fenice è stato quello di creare uno schema di certificazio- ne ECN-ISG per i professionisti del crowdfunding ideando un Corso Base, Avanzato e Professional per certificare le competenze dei Platform e Cam- paign Manager. Nell’anno 2019 sono stati formati presso Fondazione Fenice, 105 pro- fessionisti, di cui 19 hanno raggiunto il terzo e più alto livello di formazione Professional. L’elenco dei professionisti certificati ECN-ISG nei vari corsi sarà consulta- bile sul portale europeo di ECN e verrà formalizzato un badge per evidenziarne la comprovata formazione in un’ottica di Job Placement che, per inciso, già sta consegnando profili certificati a presti- giose realtà Nazionali ed Europee. bilità, manutenzione e riparazione dei beni, degli edifici, del territorio e riciclaggio dei materiali sono i principali temi intorno ai quali si sta radicando la sfida della “conver- sione ecologica”. Il crowdfunding civico e green equity crowdfunding sono due delle risposte più innovative che stanno emergendo sul mercato finanziario». Partiamo dal primo, di cosa si tratta? «Il crowdfunding civico è una forma di finanziamento collettivo (cittadinanza + amministrazioni) di opere e progetti di utilità pubblica sostenuto da cittadini, organizzazioni e società private e dalle stesse amministrazioni, che può esplicitarsi per l’investitore principalmente nella forma di donation o reward. L’idea del primo progetto di crowdfunding civico in Italia è stato lanciato dal Comune di Milano, che ha vinto il premio FORUM PA 2017: 10×10 = cento progetti per cambiare la PA, il CRESCO AWARD 2017 ed è stato selezionato tra i finalisti del premio internazionale Innovation in Politics Awards (Vienna) nella categoria “qualità della vita”.» «In pratica, il Comune (e qualsiasi ente pubblico lo può fare) seleziona dei progetti attra- verso un bando e li pubblica su una piattaforma di finanziamento dal basso (o crowdfun- ding), dove i cittadini possono scegliere il proprio progetto preferito e sostenerlo attraver- so una donazione in denaro. Se il progetto raccoglie la somma prefissata per finanziarlo, il comune raddoppia il contributo. In questo modo sono gli stessi cittadini a premiare le idee ritenute più innovative e valide dal punto di vista sociale, culturale e ambientale». E l’altro modello di cui ci avevi accennato? «Il secondo modello in supporto della “conversione ecologica” è il green equity crowdfunding dove si integrano efficienza energetica, ingegneria, innovazione e finanza etica. A Busto Arsizio si è riusciti a finanziare al 100% un progetto di riqualificazione energetica (Conto Termico) senza nessuna garanzia dei soci, ma solo con la forza di una precisa ingegneria, un semplice business plan con notevole risparmio finale al gestore. In pratica Banca Etica ha finanziato l’80% del progetto di riqualificazione energetica del Palazzetto dello Sport Palayamamay di Busto Arsizio ed il restante 20% è stato finanziato tramite una campagna di equity crowdfunding sulla piattaforma WeAreStarting. L’operazione è stata realizzata con la creazione di una società di scopo che ha soste- nuto l’investimento e beneficerà del risparmio economico derivante dalla migliore efficienza energetica. Le risorse raccolte tramite il crowdfunding, il contributo del “Conto Termico” al 50% ottenute da una ESCO (Energy Service Company) unite al finanziamento della Banca, hanno consentito di coprire i costi per la realizzazione degli interventi previsti. Una triplicità di intervento vincente che qualifica il progetto come il primo caso europeo di successo di equity crowdfunding per uno specifico progetto di efficienza energetica. Ma siamo convinti che non sarà l’ultimo».▲ Per info su contenuti e corsi: Ecn: eurocrowd.org/training-and-consultancies/ecn-italian-strategic-group-ecn-isg/ Fondazione Fenice: fondazionefenice.it/formazione/crowdfunding/ * Executive Director di Advocacy Green NetworkL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 52 D a ragazzo amavo i motori tutto rumore (e poca po- tenza) a 13 anni già truc- cavo i motorini, a 16 sono passato alle moto e a 18 anni le macchine erano il mio pane. Correvo sui Kart e in età più avanzata sugli offshore. Con que- sta premessa pur amando da sempre elet- tronica e tecnologia mai avrei immagina- to di ritrovato ad utilizzare solo mezzi elettrici nella mia vita. Tutto nasce dalla mia passione e dal mio lavoro nelle ener- gie rinnovabili, tanti anni passati a cercare di disegnare un mondo diverso, poi l’idea di costruire anche piccoli mezzi elettri- ci. Ancora la tecnologia non era matura ma il primo monopattino negli anni 90 era già in funzione, poi le prime biciclet- te elettriche e finalmente nei primi anni del 2000 un maxiscooter quando il Litio ancora non esisteva. Oggi con macchine e scooter elettrici ormai di vecchia data posso considerarmi un precursore oltre che un appassionato, tutti rigorosamente caricati da energia autoprodotta. I luoghi comuni sulle rinnovabili Citarne solo alcuni sarebbe riduttivo, ma le rinnovabili e il mondo della mo- bilità elettrica sono circondati da diversi luoghi comuni, a volte anche bizzarri, Rinnovabili scontate I luoghi comuni sulle rinnovabili rischiano di diventare una barriera alla necessaria decarbonizzazione CONSAPEVOLI / di Alessandro Giubilo* ma che si tramandano di persona in persona come fossero verità assolute, anche se a volte basterebbe pensarci un attimo per capire quanto possano essere assurdi. Molte di queste credenze pro- babilmente sono state introdotte anche da persone/società che maliziosamente cercano di rallentare un cambiamento ormai irreversibile e voluto da tutti, so- prattutto dai più giovani. Oggi ne citia- mo alcuni che in questo periodo sono molto ricorrenti e in futuro magari af- fronteremo quelli più tradizionali. Fine vita dei pannelli Questa fra tutte è quella che mi fa più spesso sorridere. Come distributore di pannelli fotovoltaici ho ben chiaro il fine vita di questi prodotti, chiaramente stabi- lito fin dalla vendita, ma la cosa più im- portante è capire quando sarà realmente il fine vita. A meno di non avere difetti di costruzione oppure di aver subito un danno, è probabile che quel pannello che avete sul tetto passerà una generazione sulla vostra casa o azienda e diventerà parte integrante della costruzione su cui è stato montato. Chi realmente smonterà e smaltirà quel pannello da voi acquistato e che magari dopo 50 anni ancora sarà in grado di produrre qualcosa? Comincia- te a istruire i vostri figli spiegando loro 53 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 che in un’epoca remota per quel pannello voi avete pagato una tassa di smaltimen- to che ne garantiva il corretto riciclo e il recupero delle importanti materie prime di cui è composto -in particolare silicio, alluminio e vetro- e che probabilmente se le cose non dovessero andare come oggi previsto, dovranno farsene carico loro quando decideranno di smontarlo. Pale eoliche e uccelli Questo mito gira dagli anni 70 indistur- bato ma numerosi studi anche recentis- simi hanno rivalutato le turbine indican- do chiaramente che il numero di uccelli morti è ben al di sotto di quello provo- cato da altri ostacoli fissi normalmente presenti nel territorio come pali della luce, linee elettriche, palazzi etc. Anzi in certi territori ha addirittura favorito la ri- nascita di specie più deboli protette dai rapaci spaventati da questi giganteschi spaventapasseri. Ovviamente un corretto inserimento nel territorio è fondamenta- le cercando sempre di evitare rotte mi- gratorie e zone di passaggio ma questo è diventato la normalità grazie ai numerosi protocolli d’intesa firmati dalle associa- zioni competenti nei diversi settori. Rumore e paesaggio eolici Le pale eoliche sono rumorose e de- turpano il paesaggio? Ma è veramente così? Il paesaggio come lo conosciamo è spesso violentato da ben altre cose che spesso provocano anche malattie, pensiamo alle ciminiere delle centrali elettriche o ad aziende che hanno pro- cessi termici etc. Una centrale eolica in genere viene progettata molto tem- po prima della realizzazione ed inserita nell’ambiente circostante anche con ope- re ausiliarie al servizio della comunità. Occupa una superficie a terra trascura- bile e permette intorno sia l’agricoltura sia la pastorizia. Non è mai stato di- mostrato che i rumori generati da una turbina eolica possano creare un reale disturbo e anch’essi sono sempre og- getto di studio nell’ambiente circostante per evitare qualsiasi problema, inoltre la tecnologia si evolve in continuazione nel tentativo di migliorare i profili alari e ridurre i rumori meccanici da rotazione. Le batterie per le auto elettriche inquinano e non sono sostenibili Anche questa fa parte delle dicerie ormai consolidate dagli oppositori delle auto elettriche. Indubbiamente produrre bat- terie ha un impatto ambientale impor- tante (anche se nemmeno lontanamente paragonabile all’estrazione e raffinazione del petrolio) ma essendo una tecnologia già matura ha anche attivato una filiera di riutilizzo e poi di successivo riciclo. Il riutilizzo sarà molto utilizzato soprat- tutto sui pacchi batterie delle auto che hanno una capacità importante e sono già tutti destinati ad accumuli staziona- ri per i gestori delle reti elettriche, cosa che non succede con i milioni di batterie dei cellulari, tablet computer etc., che at- tualmente sono solo riciclate per estrarne materie prime soprattutto in Cina dove la filiera è già molto forte. Le batterie delle auto quindi in futuro forniranno un contributo importante alla stabilità della rete elettrica. All’interno di questo filone anche il problema del Cobalto è in via di soluzione. Minerale nobile e costoso, estratto da poche miniere in alcune parti del mondo ma soprattutto il Congo, con tecniche a volte disumane e anche utiliz- zando bambini. Le nuove batterie pro- gredendo ridurranno fino ad eliminare questo raro minerale. Le batterie al Litio più performanti sono le NMC mix di tre metalli Nickel, Manganese e appunto Cobalto. Nelle prime batterie dette 111 questi minerali erano al 33% circa cia- scuno ma in pochi anni si è passati alle 622 60% Nickel, 20% Manganese, 20% Cobalto attualmente utilizzate ma oggi già arrivano le prime macchine con le nuovissime 811 (80%,10%,10%) e sono state annunciate le 955 (90%,5%,5%) a breve quindi il Cobalto verrà sostitu- ito integralmente e nuove miscele già si stanno affacciando in questo mondo in vorticosa crescita.▲ * Presidente di ASSIEME (Associazione Italiana Energia Mini Eolica) e AD di FlexienergyL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 54 LA RIVOLUZIONE DELL'ORTO / di Andrea Battiata* L'orto ha una ragione Riappropriarsi dell'agricoltura e del cibo, attraverso gli orti è un atto rivoluzionario che fa bene a se e all'ambiente C oltivare un orto è un gesto di riappropriazione del proprio essere. Perché il cibo non è soltanto una forma di energia, ma anche e soprattutto una forma di potere. E incoraggiare le persone a riprendere possesso del proprio cibo, significa permettere loro di riprendere il potere della salute nelle proprie mani e sottrarlo a chi lo detiene da quando è iniziata l’urbanizzazione. Tanti hanno dimenticato come coltivare il cibo per nutrirsi e l’unico campo che conoscono in cui pensano che crescano gli alimenti si chiama “supermercato”. L’Agricoltura del 20° secolo ha messo in pratica tecniche di coltivazione usando la Terra contro natura, e alla fine ha ottenuto cibo povero di nutrienti, inquinamento della terra e delle acque, aumento dell’erosione dei terreni e desertificazione, portando alla miseria milioni di agricoltori. Studiando i cicli bioenergetici della fertilità naturale dei boschi, della formazione dell’humus, della vita microbiologica del terreno e della loro simbiosi con le piante, i processi pedogenetici e la disponibilità dei minerali per le piante, così come la totale non lavorazione del terreno e la sua rigenerazione naturale, ci siamo dati il compito di promuove l’autoproduzione di cibo ad alto valore nutritivo con metodi semplici e intuitivi. Sistema rigenerativo L’obiettivo è cambiare il sistema alimentare urbano a cominciare dalla coltivazione di orti con agricoltura rigenerativa, per dare cibo nutraceutico - Bioattivo e sostenere la vitalità dei suoli – in modi che forse a qualcuno (chi detiene il “potere” che viene dalla produzione e dalla distribuzione degli alimenti) potrebbe e dovrebbe fare paura. In agricoltura industriale, l’intento di eliminare gli agenti patogeni ha incoraggiato un approccio tipo bazooka al microbioma del terreno con l’uso diffuso di biocidi e fungicidi. Ma il ruolo del microbioma è troppo vario e complesso. Siamo in piedi su un tesoro di microbi benefici, ognuno dei quali contribuisce ad aumentare le rese e la qualità delle piante coltivate: capire come queste diverse comunità aiutano le piante a resistere a situazioni avverse e a crescere esprimendo tutto il loro potenziale di vita, aprirà nuove porte allo sviluppo di pratiche agricole sostenibili, attivando funghi e batteri che esistono praticamente in qualsiasi terreno. Comunicazione goccia a goccia Occorre una strategia di comunicazione lenta e capillare, dando il buon esempio come contadini urbani, per mobilitare quanta più gente possibile affinché si riappropri della terra coltivabile disponi- bile nelle città per produrre cibo di alta 55 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 qualità in modo semplice e naturale. La quantità di suolo agricolo destinato alla produzione del cibo sarà sempre meno capace di rispondere alle esigenze della popolazione (si calcola che entro fine secolo avremo bisogno del 53% di terra in più per rispondere alla crescita de- mografica). Ecco perché è importante lavorare sulle zone urbanizzate. È un messaggio il cui peso cresce esponen- zialmente con la povertà del luogo in cui viene accolto: un orto in una città ricca ha valore se è “sociale”, aperto a tutti e in quanto tale può migliorare la qualità del cibo dei cittadini («il cibo buono, pieno di nutrienti, è un diritto, non un privilegio»). Mentre in uno slum africa- no, brasiliano, indiano o cinese può di- ventare un salva-vita per tante famiglie. L’esercito dei seguaci continua a crescere. Perché quando si è iniziato con l’Ortobioattivo qualche anno fa si andava ad aiutare chi stava faticosamente riavvicinandosi all’autoproduzione (chi coltivando il proprio orto, chi occupando un lembo abbandonato di terra), mentre ora si promuovono progetti di autoproduzione e di riappropriazione alimentare. E chi realizza ciò, a sua volta, diventa un testimonial della causa. Cos’ha a che fare tutto questo con la fine del petrolio? Tantissimo. Perché l’azione degli Ortibioattivi è prima di tutto un insieme di progetti – di comunicazione, sviluppo, realizzazione – che ha come scopo migliorare la qualità della vita: in modo pragmatico e immediato, ma anche con un occhio di riguardo verso la creazione di città resilienti. Riappropriarsi degli spazi verdi o trasformare il proprio piccolo fazzoletto di terra in un orto significa regalarsi non solo un’azione importante, ma anche una bellezza che conta tanto di più proprio per il suo ruolo sociale e politico. Quando, la mattina, salgo la collina di Bellosguardo a Firenze, dove c’è il più grande orto bioattivo d’Italia e vedo crescere zucchine, pomodori e melanzane, penso che è questa la città che amo: dove, di fianco ai palazzi, si lavora perché i nostri figli si riapproprino di un saper fare che la mia generazione aveva dimenticato. Del resto, Firenze è sempre stata all’avanguardia nella cultura agronomica: dai Georgofili, a Cosimo Ridolfi, dall’Orto dei Semplici, alla Società Toscana di Orticoltura. Negli ultimi anni si è davvero fatto molto per dare voce e spazio alle persone che, sempre più numerose, sentono il desiderio di tornare a coltivare, pur senza rinunciare alla vita urbana. Mi sembra quindi importante spiegare come sia possibile cambiare il sistema in tema di cibo, un passo dopo l’altro, con molto garbo ma anche tanta determinazione. Capitale esiliante Oggi abbiamo sostituito il lavoro e l’osservazione dei meccanismi della natura con capitale, macchine e sostanze chimiche al posto degli uomini che lavorano in mezzo alla naturale salute e fertilità della terra. I prodotti della natura sono stati resi, all’apparenza, prodotti dell’industria, tutti uguali, asettici e anonimi, cosicché chi mangia vive esiliato dalla realtà biologica naturale. Ne risulta un vulnus senza precedenti nell’esperienza umana, in cui chi mangia può pensare al mangiare come mera transazione commerciale tra lui e un qualunque fornitore e poi come uno scambio esclusivamente di fame nervosa tra se stesso e il proprio cibo-rifugio. Gli agricoltori sono stati travolti dalla logica industriale del cibo in cui l’interesse principale non è la qualità del lavoro e la bontà del cibo che si produce, ma i volumi prodotti e il prezzo che se ne può ricavare, giacché l’interlocutore non è più il consumatore finale che ti guarda in faccia speranzoso ma una mera asta al ribasso on-line in cui l’unica faccia che hai davanti è lo schermo scintillante del computer zeppo di cifre che ballano sulle aspettative di vita dei coltivatori stessi. ▲ Che cosa possiamo fare Partecipare alla produzione dei nostri alimenti, non solo per chi dispone di ampi spazi su cui coltivare, ma anche partecipando a CSA (Comunità che sostengono l’Agricoltore) come è quella di Ortobioattivo (https://www.ortobioattivo.com). Si scoprirà così il meraviglioso ciclo energetico biologico che parte dal seme e passa al fiore, al frutto, al cibo, alla decomposizione del compost per ricominciare ogni volta dall’inizio: preparare il proprio cibo in cucina e condividere l’esperienza con i propri familiari. Conoscere le origini del cibo che si compra e comprare gli alimenti prodotti più vicino alla propria cucina. Ci dobbiamo riappropriare di questa verità: il piacere del mangiare è un piacere estensivo e continuativo che non si esaurisce nell’essere solamente buongustai. *Agronomo e Contadino Urbano a FirenzeL'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 56 I l mondo non è mai stato così bollente. L’ultimo rapporto del WMO (World Metereological Organization) conferma che il decennio appena trascorso è stato il più caldo mai registrato e che a giocare un ruolo decisivo nell’aumento della tempe- ratura media globale è l’attività antropi- ca, che rilascia CO 2 in atmosfera. In un mondo dove molti paesi si apprestano a essere “investiti” dalla crescita economi- ca, in particolare quelli in via di sviluppo, c’è dunque bisogno di un nuovo model- lo in grado di sfruttare sempre di più le tecnologie a basso impatto ambientale: le fonti rinnovabili. Secondo l’ultimo rapporto dell’ONU de- dicato agli obiettivi di sviluppo sostenibi- le dell’Agenda 2030, a livello globale 840 milioni di persone (in pratica 1 su 10) non hanno accesso all’elettricità, mentre sono in 3 miliardi a non poter usufrui- Africa rinnovabile La crescita delle rinnovabili, cruciale per centrare gli obiettivi climatici, incontra diverse difficoltà nei paesi in via di sviluppo IL MONDO CHE CAMMINA / di Ivan Manzo re di combustibili puliti per cucinare. L’energia, oltre a essere un fattore de- terminante per lo sviluppo economico e sociale di un paese, rappresenta un elemento trainante per combattere le disuguaglianze e il fenomeno diffuso della povertà. Tra i paesi in via di sviluppo con un alto numero di persone che non dispongono di energia, troviamo l’Africa che, pur es- sendo oggi il Continente con la più alta crescita demografica, rimane la seconda regione meno abitata del Pianeta (dopo l’Asia). La crescita economica si attesta intorno al 4% annuo (attesa al 4.15% nel 2020) e si prevede che entro il 2030 ol- tre la metà della popolazione africana si sposterà per vivere in aree urbane (in li- nea con la tendenza globale che registra il continuo spopolamento delle zone rurali), mentre la domanda di energia nel 2040 sarà pari quasi al doppio di quella attuale. La caratteristica di possedere un territo- rio così vasto, unita alla crescita econo- mica, pone una seria sfida per il futuro. L’Africa è ricca di fonti di energia rinno- vabile, potrebbe trarre enormi benefici dall’idroelettrico, dal solare, dall’eolico e dalla geotermia, dando così il suo con- tributo nel mitigare gli impatti del cam- biamento climatico che stanno colpendo duramente il mondo e in particolare il Continente (basti pensare che l’aumento della temperatura sta ampliando la fascia desertica sub-sahariana spingendo sem- pre più persone a spostarsi). Rinnovabili al 25% Secondo IRENA, l’Agenzia Internazio- nale per le Energie Rinnovabili, grazie alle rinnovabili si potrebbe soddisfare un quarto del fabbisogno energetico afri- cano già nel 2030 (coprendo metà della domanda di elettricità), portando così 57 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 energia anche a parte di quei 600 milio- ni di individui che ne sono tutt’ora privi (il 48% della popolazione composta da 1.2 miliardi di persone). Per raggiungere questi target bisogna però attrarre inve- stimenti, sia pubblici che privati, molti- plicando per 7 volte la capacità installata di rinnovabili disponibile nel 2017, che ammontava a circa 42 GW. Una trasfor- mazione che potrebbe avvenire investen- do in media 70 miliardi di dollari l’anno nel decennio appena iniziato, sempre se- condo IRENA. Un processo che però trova non pochi ostacoli, sia per un mercato ancora acer- bo, sia per la mancanza di know-how tra la popolazione. Di questi e altri aspetti abbiamo parlato con Dario D’Angelo, Communications Manager di RES4Afri- ca, Fondazione che collabora con IRE- NA e opera in diverse zone del Conti- nente (Marocco, Zambia, Sud Africa, Etiopia, Kenia…), battendosi per la cre- scita del settore. «RES4Africa nasce nel 2012, riunisce circa 35 stakeholder tra membri del set- tore privato e accademici, e ha come obiettivo la crescita delle rinnovabili in Africa – ci dice Dario D’Angelo -. Per farlo cerchiamo di promuovere il dialogo tra le istituzioni e portare avanti alcune iniziative strategiche. Inoltre attraverso il programma training and capacity buil- ding formiamo anche le persone del luo- go su diversi livelli». Tra le difficoltà ri- scontrate, troviamo una serie di barriere che riguardano la percezione del rischio. Se da una parte “è chiara la volontà degli investitori europei”, dall’altra questi de- vono fare i conti con l’instabilità politica, la conversione della valuta e la mancanza di una serie di garanzie a supporto degli investimenti. «Abbiamo fatto un’analisi sui programmi europei: sono numerosi, alcuni anche molto efficaci, ma nessu- no offre tutele in ogni fase – continua D’Angelo –. Per questo con l’iniziativa renewAfrica, lanciata lo scorso giugno e supportata da diversi stakeholder di ri- levo, puntiamo a creare un programma unico, che riunisca tutte le best practice e colmi le carenze attuali». Cibo, acqua ed energia Inoltre la Fondazione ha lanciato il suo programma “Water Energy Food Nexus”, che nasce dall’idea che i settori dell’energia, del cibo e dell’acqua siano fortemente connessi tra loro: «Se vuoi fare un tipo di agricoltura che vada ol- tre alla sola sussistenza e che dia il via a un processo di sviluppo sostenibile, c’è bisogno di più acqua e dell’energia neces- saria a pomparla. Stiamo promuovendo progetti che includano queste tre com- ponenti già in fase di progettazione, in modo da rendere l’investimento sosteni- bile anche dal punto di vista finanziario». Ma, come sappiamo, la capacità di cre- scita di un mercato non si misura solo dagli investimenti ma anche dalla forza lavoro e dalle competenze necessarie. Per far fronte a questo problema RES4Afri- ca porta avanti due iniziative. «Ci siamo resi conto che le rinnovabili faticano a prendere piede anche perché c’è carenza di conoscenza tecnica o perché vengono considerate inaffidabili e non economi- camente convenienti, mentre sappiamo che la situazione è totalmente opposta – ci dice infine D’Angelo -. Anche per evitare che le aziende siano costrette a prendere operatori europei, aumentando così i costi e scoraggiando gli investimen- ti, abbiamo reso la diffusione di know- how uno dei nostri pilastri. Lo facciamo sia con gli addetti nei Ministeri, sia con un corso per formare tecnici e operatori di settore tra la popolazione africana». Attraverso una visione virtuosa di lun- go periodo l’Africa può dunque basare l’esplosione della sua economia sulle energie rinnovabili. In questo modo, oltre a tenere a bada la sua impronta di carbonio, il Continente sarà in gra- do di creare nuovi posti di lavoro ga- rantendo maggiori benefici, anche in termini di salute, ai propri abitanti. E data la crisi climatica che intensifica i suoi effetti devastanti, questo rappresen- ta un tipo di sviluppo - per non dire l’uni- co - di cui l’intero pianeta ha bisogno. ▲ L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 58 Autocura energetica nelle scuole Al via il Progetto di Ecofuturo-Giga col MIUR, per promuovere la riconversione ecologica delle scuole, coinvolgendole attivamente EDUCAZIONE / a cura di Michele Dotti S i è parlato molto negli ultimi anni della necessità di una riconversione ener- getica degli edifici scolastici, per ridurre sprechi, costi ed emissioni. E in parallelo -su un piano pedagogico- della necessità di un maggiore coin- volgimento attivo dei ragazzi, che li responsabilizzi e li faccia “imparare fa- cendo”, con una apertura della scuola, in un rapporto sinergico, al territorio. È curioso quindi che fino ad ora non si fosse mai creato -a livello nazionale- un link che collegas- se questi due obiettivi, puntando alla partecipazione attiva degli alunni, ma anche degli insegnanti e del personale non docente, alla “autocura energetica degli edifici” che abitano ogni giorno, in collaborazione con realtà del loro territorio che si occupano di risparmio energetico e più in generale di riconversione ecologica.59 L'ECOFUTURO MAGAZINE gennaio/febbraio 2020 È questo il cuore dell’idea da cui è partito il Progetto che EcoFuturo e Giga hanno avviato insieme al MIUR (Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca) da questo Anno Scolastico. Cerchiamo di comprendere la posta in gioco di questo Progetto, anzitutto su un piano energetico. Il 45% della energia prodotta a livello europeo è uti- lizzata nel settore edilizio. In Italia tale percentuale scende al 37% per questioni clima- tiche; gli edifici totali sono oltre 14 milioni di cui quasi 12 milioni di tipo residenziale. Gli appartamenti sono oltre 28 milioni e gli edifici scolastici oltre 42.000. Dell’intero patrimonio edilizio appena l’1% è in classe A e lo 0,3% in classe A+. Lo spreco economico legato allo spreco energetico degli edifici in Italia vale tra i 100 e i 180 miliardi di euro all’anno, a seconda di chi redige le stime. Il Comitato Scientifico di EcoFuturo lo valuta, ai livelli attuali dei costi energetici, intorno ai 100 miliardi. È su questo immenso spreco di risorse che occorre intervenire per recuperare le risorse necessarie alla ristrutturazione ecologica e rinnovabile degli edifici scolastici. L’obiettivo è quello di mobilitare ogni scuola - docenti e studenti - per raggiungere una accelerazione della riconversione degli edifici stessi e in parallelo promuovere una formazione filosofica, scientifica e tecnologica che vada a costituire la spina dorsale per il cambiamento ecologico dell’intero nostro paese. Perché accelerare? Per il clima certo, per il rilancio dell’occupazione sicuramente, ma anche perché il 41,2% degli edifici scolastici sono costruiti in aree ad alto o altissimo rischio sismico e ogni ritardo nella loro messa in sicurezza è semplicemente delittuoso. La riconversione energetica degli edifici scolastici - e degli edifici in genere - va di pari passo con la messa in sicurezza sismica degli stessi, dato che nella realizzazione dei cappotti termici come nella fase di sostituzione dei tetti con tetti ventilati si creano le premesse favorevoli anche a ridurre il rischio proveniente da eventi tellurici. La transizione verso le energie rinnovabili di un edificio non solo lo renderà più sicuro da un punto di vista sismico ma ne migliorerà anche la salubrità e, con gli opportuni interventi in fase di sostituzione degli infissi, renderà possibile misurare quest’ultima e - ove necessario - promuoverla con alcuni semplici accorgimenti ecotecnologici. Gli interventi all’esterno dell’edificio relativamente al verde come gli interventi in- terni, relativamente alla tipologia ed alla quantità delle sorgenti luminose, il maggiore equilibrio dell’uso del calore o del freddo, rappresentano altrettanti miglioramenti per la qualità della vita ed il benessere di chi frequenta l’edificio scolastico per una fase della propria vita o per il lavoro. Il percorso del Progetto può essere descritto come un cammino di formazione ecotecnologica, composto da dieci passi che i ragazzi delle scuole coinvolte compieranno insieme ad alcuni esperti, preceduti da uno spettacolo formativo con gli alunni e da una formazione con gli insegnanti. Da un punto di vista educativo, oltre all’apprendimento di innumerevoli competenze specifiche sui temi trattati, ritengo che sia fondamentale il recupero della “fiducia” -in se stessi e negli altri- che tale percorso può offrire ai ragazzi, premessa essenziale per ritrovare una “speranza concreta nel futuro”, per molti perduta. Prezioso è poi il princi- pio della “cura” considerato nel Progetto l’elemento centrale, attorno al quale costruire tutta l’azione, educativa ma anche sociale, in modo responsabilizzante. In un momento storico in cui sembravano prevalere lo scoraggiamento, la rassegnazione e la disillusione, forse non è un caso che il più grande movimento globale per il clima (Fridays For Futu- re) sia partito proprio da una ragazzina e da uno sciopero fuori dalla scuola. Se la scuola saprà ritrovare il proprio ruolo, non solo di trasmissione di saperi depo- sitati, ma di promozione della curiosità, dell’impegno, della voglia di scoprire e di in- novare, forse i nostri ragazzi recupereranno quel piacere di apprendere che è alla base di una formazione autentica, premessa indispendabile per un cambiamento positivo della società, ecologico e non solo. ▲ Come utilizzare una termoca- mera e un termometro direzio- nale per individuare gli sprechi di calore degli edifici 2 1 3 4 5 7 6 9 10 Imparare a leggere le bollette Conoscere le energie rinnovabi- li, elettriche e termiche Imparare a conoscere le tecno- logie di transizione Analisi dell’inquinamento inter- no ed esterno La difesa passiva dell’edificio Impronta ecologica e Nimby 8 Analisi e soluzioni per la mobili- tà sostenibile Verde, buone pratiche ed ef- ficienza energetica comporta- mentale Scrittura del progetto economi- co e finanziario di riconversio- ne energetica rinnovabile e di messa in sicurezza dell’edificio scolastico I Dieci PassiNext >