< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 40 ACQUA / di Ivan Manzo N egli ultimi anni l’Italia ha fatto i conti con periodi di forti siccità. Molte regioni hanno invocato la pioggia, la mancanza d’acqua ha messo a rischio i sistemi agricoli e le attività economiche, ha degradato suoli, ha minato le attività di approvvigionamento e la produzione energetica (si pensi all’idroelettrico). La crisi climatica spinge oltre la media le temperature del periodo e riduce la disponibilità della nostra risorsa idrica, mettendo a repentaglio il presente e il futuro di un Paese che è ben lontano dal raggiungere una gestione sostenibile del capitale naturale di cui dispone. Un elemento di preoccupazione viene dall’Ispra, che ricorda come la desertificazione in Italia sia evidente su circa il 28% del territorio, in particolare nelle regioni del Sud. Non va dimenticato che continuano a diminuire sia la copertura nevosa sia il volume dei ghiacciai alpini. Secondo uno studio italiano, pubblicato su Nature Climate Change (https://go.nature.com/3PGw4t1) Acquedotti colabrodo La rete idrica in Italia ha falle che non vengono tappate da decenni. E con il clima che cambia sarà peggioL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 41 nell’ultimo secolo la durata del manto nevoso nelle Alpi si è ridotta di oltre un mese (un declino senza precedenti negli ultimi 600 anni), mentre, per l’Agenzia europea dell’ambiente dal 1900 la regione montuosa delle Alpi ha perso circa il 50% dei suoi ghiacciai con un’accelerazione dal 1980. In sostanza, stiamo mettendo in pericolo le nostre naturali riserve di acqua, come conferma anche il V Rapporto sullo stato del capitale naturale italiano che inserisce tra gli ecosistemi più a rischio del Paese proprio quelli delle acque dolci. Anche la Strategia nazionale per la biodiversità ricorda che, insieme alla crisi climatica, le pressioni più significative sugli ecosistemi acquatici sono riconducibili all’inquinamento da produzione agricola, dai prelievi e dalle alterazioni idromorfologiche. Piove sul bagnato Per un quadro completo, alla questione ambientale dobbiamo associare un’attività di gestione dell’acqua di cui disponiamo, tutt’altro che sostenibile. Un elemento che rende il nostro Paese ancora più fragile e vulnerabile. Il Rapporto ASviS 2022 “L’Italia e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, ribadisce che l’efficienza delle reti di distribuzione dell’acqua rappresenta una delle tematiche più critiche a livello nazionale. Nel 2018 (secondo gli ultimi dati Istat disponibili), la dispersione delle reti idriche nel tragitto verso l’utente finale si attestava al 42%, media che sale al 47,9% se consideriamo solo il Sud Italia e al 48,7% nell’Italia centrale. Per mettere qualche toppa a questo enorme buco, nel PNRR sono previste alcune misure: 2 miliardi di euro per finanziare il potenziamento, il completamento e la manutenzione straordinaria delle infrastrutture di derivazione, stoccaggio e fornitura idrica primaria in tutto il Paese, da realizzare entro marzo 2026; 900 milioni per realizzare almeno 25 mila chilometri di nuove reti per la distribuzione dell’acqua potabile e per ridurre le perdite idriche. Misure importanti ma parziali, che non riescono a rispondere in maniera adeguata al fabbisogno, come risulta evidente anche dal Piano per la transizione ecologica (Pte) del Ministero dell’ambiente e della sicurezza energetica (Mase) che pone il termine per contenere le perdite di rete addirittura al 2040. Un orizzonte troppo spostato nel tempo che non tiene conto dell’emergenza climatica e che dovrebbe essere anticipato, dato che non possiamo permetterci di continuare a sprecare così tanta acqua, soprattutto in un momento così delicato. La triste verità è che la gestione della rete idrica italiana non è stata vista come un’azione chiave nel corso degli anni da parte della politica e per questo dobbiamo fare i conti con un settore sotto finanziato e che non ha subìto grosse modifiche neanche dopo l’esito referendario del 2011. A questa situazione va aggiunto il fatto che il nostro Paese sconta forti ritardi anche sul trattamento e sulla depurazione delle acque reflue, materia che è valsa una sentenza di condanna da parte della Corte di giustizia dell’Unione europea. Sul tema, neanche la scorsa Legge di Bilancio è riuscita a pianificare investimenti adeguati all’urgenza (sono previsti 10 milioni di euro nel 2023, 20 milioni di euro nel 2024, 30 milioni di euro nel 2025 e di 50 milioni di euro nel 2026). Serve consapevolezza Sulla gestione della risorsa idrica ci sono altre due considerazioni connesse alla sfera privata: siamo i primi consumatori al mondo per litri pro capite di acqua in bottiglia, nel 2021 il 28,5% delle famiglie non si fidava dell’acqua del rubinetto. Percentuale particolarmente alta, se pensiamo che viviamo nel Paese che possiede la migliore acqua potabile d’Europa. Il “problema acqua” ha dunque una connotazione anche di tipo culturale, di approccio alla risorsa; per essere totalmente risolto necessita di campagne di sensibilizzazione mirate all’uso efficiente e alla fiducia nell’acqua da parte dei cittadini. Una fiducia che dovrebbe essere trasmessa anche dalle azioni messe in campo dalla politica. ▲L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 42 GEOTERMIA / di Luca De Marco* L a geotermia rappresenta una straordinaria fonte di calore sotterraneo che può essere sfruttata in maniera efficiente e sostenibile per il riscaldamento urbano. Nei sistemi tradizionali di teleriscaldamento, l'acqua calda è distribuita attraverso una rete di tubazioni isolate, fornendo calore agli edifici: essa viene inviata nella rete di teledistribuzione a una temperatura compresa tra i 90 °C e i 120 °C e ritorna in centrale a una temperatura di circa 60 °C. Tuttavia, i sistemi di teleriscaldamento tradizionali richiedono una fonte esterna di energia per riscaldare l'acqua, contribuendo alle emissioni inquinanti e alla dipendenza da combustibili fossili. Il concetto di "teleriscaldamento freddo" rappresenta un'innovazione cruciale in questo settore, abbracciando l'obiettivo di massimizzare l'efficienza energetica e minimizzare l'impatto ambientale. A differenza del teleriscaldamento tradizionale che si basa su temperature elevate dell'acqua, il teleriscaldamento freddo sfrutta pompe di calore ad alta temperatura per catturare e utilizzare il calore a temperature più basse. Questa soluzione prevede l’utilizzo, come sorgente termica a bassa Risorse dal basso I teleriscaldamenti freddi e tiepidi possono essere sviluppati con la geotermiaL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 43 temperatura, di un pozzo centralizzato in grado di emungere acqua di prima falda che, una volta prelevata, viene distribuita a servizio delle pompe di calore presenti negli edifici con reti di teledistribuzione del tutto simili a quelle del teleriscaldamento classico. Le reti d’acqua fredda così realizzate alimentano le pompe di calore ad alta temperatura da installare nei vari edifici in sostituzione delle caldaie centralizzate esistenti. Queste pompe di calore sono in grado di produrre acqua a temperature superiori a 80 °C, consentendo la sostituzione delle caldaie tradizionali senza la necessità di backup. Inoltre, sono in grado di operare sia in modalità di riscaldamento invernale sia di climatizzazione estiva, rendendole una soluzione versatile per le esigenze termiche degli edifici. Un aspetto chiave che distingue il teleriscaldamento freddo è l'eliminazione delle emissioni inquinanti locali. Mentre le pompe di calore per funzionare richiedono energia elettrica, il fatto che almeno il 70% dell'energia totale sia di origine rinnovabile contribuisce a ridurre significativamente l'impatto ambientale: l'approccio del teleriscaldamento freddo porta a una netta riduzione delle emissioni di CO2 e NOx, contribuendo a migliorare la qualità dell'aria urbana. Da un punto di vista energetico, il teleriscaldamento freddo offre vantaggi significativi. Le pompe di calore ad alta temperatura sono caratterizzate da un COP superiore a 3,5, il che significa che per ogni unità di energia elettrica utilizzata, vengono prodotte almeno 3,5 unità di calore. Questo si traduce in un risparmio energetico notevole rispetto alle caldaie tradizionali che spesso operano con rendimenti pari allo 0,9. Inoltre, si ha un ulteriore aumento dell'efficienza energetica grazie alla capacità delle pompe di calore di operare in modalità di climatizzazione estiva, consentendo di raffrescare gli edifici durante i mesi più caldi. Dal punto di vista economico, il teleriscaldamento freddo presenta una distribuzione dei costi diversa rispetto a quello tradizionale; mentre quest'ultimo richiede investimenti significativi nella realizzazione e manutenzione delle reti di distribuzione dell'acqua calda, il teleriscaldamento freddo concentra gran parte degli investimenti nelle pompe di calore ad alta temperatura e nelle relative infrastrutture. Questo modello consente alle società di avviare il sistema con un investimento iniziale inferiore, anticipando i costi più rilevanti legati alle centrali e alle reti solo dopo aver acquisito clienti. In aggiunta, l'approccio del teleriscaldamento freddo offre vantaggi gestionali tangibili. La minore complessità delle reti di distribuzione, insieme alla maggiore resilienza delle pompe di calore, contribuiscono a ridurre gli impatti dei guasti o dei malfunzionamenti e la semplificazione delle pratiche burocratiche legate alle centrali termiche e la maggior affidabilità delle reti di distribuzione rappresentano ulteriori punti a favore del teleriscaldamento freddo. In conclusione, il teleriscaldamento freddo costituisce un'evoluzione significativa nell'approccio al riscaldamento urbano. Basato su tecnologie innovative come le pompe di calore ad alta temperatura e l'utilizzo di fonti rinnovabili, questo sistema offre una soluzione più sostenibile ed efficiente rispetto al teleriscaldamento tradizionale. Attraverso l'eliminazione delle emissioni inquinanti locali, il risparmio energetico e i vantaggi economici e gestionali, si posiziona come un'opzione attraente per le comunità che cercano di ridurre l'impatto ambientale e migliorare la qualità della vita dei propri cittadini. Con un'impronta ecologica positiva e un focus sulla responsabilità energetica, il teleriscaldamento freddo potrebbe rappresentare un importante passo verso un futuro più sostenibile ed efficiente dal punto di vista energetico. ▲ Le pompe di calore ad alta temperatura, grazie alla loro elevata efficienza, permettono una completa transizione dalle fonti fossili alle rinnovabili, sostituendo le caldaie tradizionali senza dover cambiare tutto l'impianto Ingegnere Ufficio Tecnico e R&D TEONL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 44 CAPACITY MARKET / di Andrea Mariani* P er affrontare la sfida della transizione energetica, come dovrà evolvere l’infrastruttura elettrica e quali sono i fattori abilitanti? La transizione ecologica è un processo di innovazione e di riconversione tecnologica che mira a riequilibrare le relazioni tra la nostra società e gli ecosistemi locali e globali per vivere in un mondo più sostenibile. Questa trasformazione ha un volto “verde” che si affianca a quello "digitale". La transizione energetica sta introducendo una serie di trasformazioni che riguardano il modo in cui viene prodotta e consumata l’energia, il modo in cui viviamo (smart city) e in cui ci muoviamo (mobilità elettrica) e mirano a sostituire quei combustibili fossili che nell’800 resero possibile la rivoluzione industriale, mandando in pensione la società agricola. In questo scenario anche la rete è chiamata a compiere le sue metamorfosi per garantire un servizio efficiente e di qualità a fronte di un’integrazione con le rinnovabili, elementi chiave nel percorso Elettroni ovunque L’elettrificazione è la sfida del prossimo decennio Promt AI: Gofy.itL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 45 di decarbonizzazione. Robusta, resiliente, in altre parole “flessibile”, partecipativa, reattiva e capace di guidare il cambiamento, ecco come dovrà essere l’infrastruttura elettrica chiamata a interpretare un nuovo ruolo, in un completo cambiamento di scenario che investe le utenze connesse – sia nei comportamenti che diventano bidirezionali sia in termini di picchi di consumo. Non si tratta più di un sistema elettrico con dei processi già definiti a monte e “centralizzato”, quanto piuttosto di una rete che diventa sempre più una piattaforma multi accesso e multi esigenza. Tutto ciò è alla base di un processo di “revisione” che richiede da parte dell’infrastruttura anche un’importante fase di “evoluzione”, poiché gli input e le esigenze che deve accogliere saranno sempre maggiori; fondamentale è preparare soluzioni tecniche adeguate. Modelli generativi Collegata all’elettrificazione e di valore strategico, la diffusione di impianti di generazione distribuita che affianchino la generazione centralizzata, garantendo quei valori di resilienza e di flessibilità necessari per la transizione. Con “servizio di flessibilità locale” si intende una richiesta di modulazione “a salire” o “a scendere” della potenza attiva e/o reattiva scambiata con la rete di distribuzione da parte di un utente connesso alla stessa (produttore e/o consumatore), per esempio un’industria con un proprio impianto di cogenerazione o un’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici, indicati come “fornitore del servizio di flessibilità”, o BSP, Balance Service Provider. Il "Gas Peaking" si riferisce a un approccio nell'ambito della produzione di energia elettrica che coinvolge l'utilizzo di impianti di generazione elettrica alimentati a gas naturale, idrogeno o biometano per coprire i picchi di domanda di energia elettrica. Questi impianti sono noti come "peaker plants" o impianti di punta. L'idrogeno e il biometano svolgono un ruolo significativo nei moderni sistemi di "Gas Peaking", contribuendo a mitigare alcune delle sfide associate all'uso del gas naturale o di altri combustibili. Le reti del futuro saranno quelle che attraverso l’utilizzo dell’idrogeno e del biometano svolgeranno ruoli significativi e complementari nelle reti di distribuzione del gas. Entrambi i vettori contribuiscono alla transizione verso sistemi energetici più sostenibili, riducendo le emissioni di gas serra e migliorando l'efficienza dei sistemi energetici. Elemento di importanza fondamentale per lo sviluppo delle reti del futuro è il "capacity market diffuso", riferito ad un sistema in cui la capacità di generazione di energia elettrica è distribuita in modo più diffuso rispetto al modello tradizionale basato su centrali elettriche centralizzate. In un capacity market diffuso, diversi attori, compresi i produttori di energia rinnovabile, gli operatori di impianti di accumulo, i produttori di energia decentralizzata (come sistemi di cogenerazione) e anche i consumatori, possono partecipare alla fornitura di capacità di generazione o di servizi di flessibilità al mercato elettrico. Le tecnologie avanzate svolgono un ruolo cruciale nel supportare e ottimizzare il funzionamento del capacity market, ne garantiscono lo sviluppo, ne migliorano la flessibilità, l’efficienza e la resilienza delle reti energetiche contribuendo a una migliore gestione delle risorse energetiche e supportando la transizione verso fonti di energia più sostenibili. Le principali sono: i sistemi di gestione dell'energia (EMS), i sistemi di automazione della rete, le tecnologie di misurazione avanzata, i sensori e Internet delle cose (IoT), le tecnologie di accumulo dell'energia e i Blockchain. ▲ La diffusione di impianti di generazione distribuita, che affiancano quelli centralizzati, può contribuire alla transizione energetica offrendo alla rete maggiore resilienza e flessibilità *AS EngineeringL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 46 TELERISCALDAMENTO / di Tiziana Giacalone* P rodurre pomodori nelle serre idroponiche, volare sulle Alpi e riscaldare case e aziende con la geotermia. Attività apparentemente non allineate della Fri-ElGeo, una società che fa parte di un gruppo più grande che si chiama Greenpower, di Bolzano leader nazionale per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. L’azienda negli anni ha diversificato le sue attività e ora lavora sul progetto Pangea che, sfruttando l’energia geotermica e la rete di teleriscaldamento già esistente, punta all’abbattimento di 40 mila tonnellate di emissioni di CO 2 in Lombardia e alla diminuzione delle spese in bolletta. Ne parliamo con Andrea Ferrara, responsabile dello sviluppo della Fri-ElGeo. Com’è lavorare in una realtà che produce pomodori, vola sulle Alpi e intanto taglia le emissioni di CO2 in Lombardia? «La gestione del nostro gruppo è a livello familiare. I Gostner sono tre fratelli visionari, partiti quasi trent’anni fa con un impianto idroelettrico in Friuli, da dove nasce il nome Fri-ElGeo. Abbiamo anche una compagnia aerea la Skyalps e sei anni fa uno dei fratelli insieme ai figli, tutti under 40, ha deciso di investire sulle serre idroponiche in provincia di Ferrara dove coltiviamo pomodori a grappolo. La nostra produzione è destinata alla grande distribuzione italiana. Ma non solo. Calore in rete Pangea: il progetto per scaldare la Lombardia con la geotermia, abbattere le emissioni di CO 2 e i costi in bollettaL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 47 Durante l’ultima crisi energetica l’aumento del costo del gas ha costretto l’Olanda a chiudere il ciclo di produzione invernale di pomodori. Noi non ci siamo mai fermati e abbiamo esportato il nostro pomodoro sul mercato olandese». Come avete fatto a produrre pomodori, esportarli e sostenere i costi dell’energia nel periodo di crisi che ha penalizzato cittadini e aziende? «Le serre idroponiche sono energivore e ci siamo chiesti come decarbonizzarle. Da tempo abbiamo impianti di biogas che con i biogeneratori producono l’energia che ci serve. Ma stiamo facendo di più. Vicino alle serre c’è un impianto geotermico che scalda le abitazioni dei ferraresi. Abbiamo fatto delle verifiche sul “lago geotermico” di Ferrara scoprendo che si estende anche sulla nostra proprietà. Ci siamo messi a studiare per capire quale potesse essere la tecnologia migliore che non emettesse CO2 e producesse sia energia termica sia elettrica per le nostre serre idroponiche. Oggi siamo alla perforazione del primo pozzo che, secondo i nostri piani, sarà in attività nel 2026». Il progetto Pangea è stato invece pensato per la Lombardia. Come mai? «Ci siamo chiesti: se il geotermico funziona per noi, per le nostre serre, perché non deve funzionare in tutta Italia? La geotermia profonda, andando a 5-6mila metri, si può fare su tutto il territorio nazionale. Ma sfruttando gli studi svolti da Agip 50 anni fa (loro cercavano gas e petrolio) abbiamo constatato che in Pianura padana ci sono più di 100 installazioni geotermiche; siti che coincidono con le perforazioni fatte da Agip in passato. Abbiamo dunque individuato circa 20 posizioni utili di cui la metà si trova in Lombardia. Nella Regione c’è un forte problema di inquinamento dovuto in particolare al riscaldamento ma anche al raffrescamento di case e uffici. Sempre nella stessa Regione c’è già una rete di riscaldamento. Il Progetto Pangea non poteva che essere avviato proprio in Lombardia». A che punto è il progetto? «Siamo in dirittura di arrivo per intraprendere l’iter autorizzativo necessario alla realizzazione di dieci progetti a media entalpia in Lombardia, abbattere di 40 mila tonnellate di CO2 e diminuire le spese per la fornitura di energia e gas a carico dei cittadini. Per semplificare, dico che va richiesta una valutazione di impatto ambientale e la concessione della risorsa mineraria». Che cosa accade negli altri Stati dell’Unione europea? «Tra le fonti rinnovabili, l'unica soluzione su vasta scala per produrre energia termica ed elettrica in modo sostenibile è la geotermia. L’Italia, pur avendo un sottosuolo tra i migliori al mondo per geotermia, ha una dipendenza energetica dall'estero elevatissima. Non possiamo stare a guardare. In Germania lo hanno capito. Qualche settimana fa, il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha dichiarato che l'obiettivo del Paese è ottenere più quantità di energia geotermica possibile entro il 2030, in particolare per il riscaldamento degli edifici». Su quali punti si deve ancora lavorare per ottimizzare la produzione di energia geotermica in Italia? «I punti sui quali dover lavorare sono sostanzialmente due. Innanzitutto, la realizzazione delle infrastrutture per il teleriscaldamento di cui deve occuparsi lo Stato. Le istituzioni devono anche fare un ulteriore sforzo per recuperare la scarsa attenzione riservata a questa fonte di energia negli ultimi venticinque anni. Bisogna dire che oggi finalmente c’è più attenzione alla geotermia ma per rilanciarla occorre tutelare e incentivare gli imprenditori che vogliono investire in essa per il riscaldamento». ▲ *Redattrice giuridica-ambientale, Nextville.it L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 48 SCIENZA / di Mirella Orsi* «P osso promettervi che le donne che lavorano insieme – collegate, informate e istruite – possono portare pace e prosperità a questo Pianeta abbandonato». Così scriveva la scrittrice cilena Isabel Allende sulle donne che lavorano insieme e pensando ai grandi progetti di ricerca come LIGO o CERN ci rendiamo conto immediatamente che fare rete, cooperare, collaborare è fondamentale anche quando si tratta di scienza. Interdisciplinarietà e multidisciplinarietà sono da sempre i motori che ci permettono di progredire e, sempre più spesso, le scienziate sono protagoniste di iniziative coraggiose e innovative che nascono e si sviluppano con l’unico intento di far progredire la scienza e la società. Ma che cosa succede quando donne con diverse competenze si uniscono per lavorare insieme ad un progetto comune? Di seguito, molte realtà nate con l’intento di fare rete. Associazioni e iniziative dove professioniste di vari settori si incontrano e si confrontano per lavorare ad un progetto comune ed essere connesse al mondo guardando al futuro. Programma IVLP Il Programma IVLP è probabilmente il programma di scambio professionale più Rete, donne e futuro Il ruolo delle donne nella scienza è essenziale e per questo le scienziate si connettono Hidden No More: empowering women in stem, Washington, 2022L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2023 49 prestigioso, promosso dal Dipartimento di Stato degli USA per creare un network tra professionisti statunitensi e le loro controparti provenienti da ogni parte del mondo. Tra i suoi partecipanti più illustri anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il magistrato Giovanni Falcone. Ogni anno a Napoli, il Consolato Generale degli USA propone professionisti provenienti da varie discipline, dalle scienze alle arti, dalle forze dell'ordine all'imprenditoria per partecipare a questa iniziativa che è un esteso e molteplice programma di scambio che racchiude progetti come "Hidden No More: Empowering Women in STEM" e "Academy For Women Entrepreneurs". Hidden No More: Empowering Women in STEM Questo progetto riunisce ricercatrici provenienti da ogni parte del mondo che si sono distinte nel loro ambito di ricerca. Tra le partecipanti Clementina Sasso, ricercatrice in Fisica Solare presso INAF-Osservatorio Astronomico di Capodimonte. Come ha spiegato la scienziata, «l’esperienza negli USA mi ha permesso di avere una visione globale della condizione delle donne nel mondo del lavoro e in particolare nelle STEM. Grazie al premio IVLP Impact Awards ho potuto realizzare un corso di formazione per docenti sul problema di genere nelle STEM che partirà il prossimo mese». La Sasso ha partecipato al bando per gli IVLP Impact Awards ottenendo un finanziamento per la realizzazione di un corso destinato ai docenti delle materie STEM, volto alla sensibilizzazione sui pregiudizi intrinseci ancora presenti nell'insegnamento delle discipline scientifiche. Academy For Women Entrepreneurs Academy For Women Entrepreneurs (AWE) è un’iniziativa promossa dal Bureau of Cultural and Educational Affairs del Dipartimento di Stato degli USA, programma di scambio per fare rete nel campo imprenditoriale. Un’esperienza altamente formativa, come ha raccontato Daniela Terracciano, professoressa di Patologia clinica presso l'Università degli studi Federico II di Napoli, «dalla mia partecipazione all’IVLP è nata l’idea di istituire presso l’Università Federico II, l’Academy for Women Enterpreneurs. Questo programma, oltre a promuovere la cultura dell’imprenditorialità, contribuirà a ridurre il divario di genere sia in campo economico sia in campo sociale. Grazie alla collaborazione tra il Consolato degli USA a Napoli, l'Università Federico II, e il sostegno finanziario della Missione Diplomatica degli USA in Italia e del Dipartimento di Stato, alla fine di quest’anno partirà AWE Italy, la prima edizione italiana dell'AWE. L'Academy offrirà formazione imprenditoriale gratuita e darà accesso alla rete di Exchange Alumni dell'Ambasciata USA a trenta aspiranti imprenditrici favorendo in particolare le idee imprenditoriali con un forte impatto sociale o ambientale». Associazione Donne e Scienza Il 21 novembre 2003 veniva fondata una realtà che da vent’anni lavora per affermare il valore delle donne che fanno ricerca e producono conoscenza. Oggi, l’associazione Donne e Scienza, (IRPPS-CNR), «conta una rete ben organizzata sul territorio formata da chi ha a cuore le tematiche di equità ed equilibrio di genere nella scienza» ha dichiarato la Presidente Sveva Avveduto. In occasione del convegno “Donne e Scienza: vent’anni fa, tra vent’anni”, previsto a Bologna dal 15 al 17 novembre 2023 – ha poi aggiunto - «rifletteremo sul contribuito dell’associazione ai mutamenti avvenuti, gettando le basi per progettare il futuro». Mariangela Ravaioli (Ismar-CNR e D.S.) e Mila D’Angelatonio (ISOF-CNR e D.S.) aggiungono «Il convegno, si svolgerà presso CNR-Area Territoriale di Ricerca di Bologna, dove sono stati già celebrati i nostri dieci anni. Sarà l’occasione per parlare di contesto europeo, educazione, comunicazione, ambiente e potere, ovviamente sempre in un’ottica di genere». ▲ *Science Writer e divulgatrice scientifica Next >