< PreviousL'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2020 10 Siamo leader mondiali nella produzione di pannelli solari ultraleggeri ed ultrasottili in materiale plastico. I nostri pannelli fotovoltaici sono caratterizzati da alta efficienza e facilità di installazione. Ecco perché molti costruttori di camper e caravan , cantieri navali, costruttori di contenitori per i rifiuti, di apparecchiature per la sicurezza, di tensostrutture , architetti e progettisti scelgono di integrare i moduli PV Enecom direttamente in fase di design e progettazione delle loro realizzazioni. Ed ecco perché ENECOM INSIDE è diventato un marchio dstintivo di qualità e innovazione , Made in Italy ENECOM Srl - Via Siena, 16 59013 Montemurlo Italy - +39.334.1444084 info@enecompower.com www.enecompower.com Torri d'esperienze L'esperienza di Torri Superiore, in Liguria, dimostra che è possi- bile recuperare borghi dimenticati per costruire una vita diversa N onostante siano otto anni che giro incessantemente l'Italia alla ricerca di storie di cambiamento positivo e da sempre conosca l'eco villaggio di Torri Superiore, non avevo ancora realizzato una vera e propria intervista con Massimo Candela. Con l'avvio di Liguria che Cambia, ne ho avuto l'occasione. Torri Superiore, infatti, è un eco villaggio sui generis. Non è sorto con case di paglia costruite in mezzo alle colline, in qualche iurta montata in pianura o in ruderi recuperati in cima a una montagna, bensì in un vecchio borgo recuperato dall'abbandono e ristrutturato. Ha il pregio di essere un'esperienza decennale e infine, oltre a offrire ricezione turistica, corsi di tutti i tipi, agricoltura sana e mille attività, ha il privilegio di aver ospitato i primi corsi di permacultura in Italia e di aver contribuito alla diffusione della facilitazione. L'esperienza ha inizio nel 1989 ma ci sono voluti oltre dieci anni perché il sogno dei pionieri, tra cui Massimo Candela e Lucilla Borio, diventasse realtà. Racconta Massimo: «Vivere qui era una grande sfida, perché era un cumulo di macerie. Ricordo che nel ‘93, mi capitava di rimanere a dormire qui da solo e quando realizzavo che intorno a me c'erano 160 stanze vuote accendevo la luce». Gli obiettivi iniziali erano chiari: ristrutturare, trasferirsi, creare una comunità residente, un’economia e avere un centro culturale aperto all’esterno, rimanendo legati al mondo dell’associazionismo, del volontariato, dei diritti umani. Oggi ci sono 162 vani ristrutturati, divisi in appartamenti privati e spazi condivisi gestiti dall'associazione. Se trovare i capitali per acquistare e ristrutturare la parte privata è stato abbastanza facile grazie ai finanziamenti personali dei diversi abitanti, la ristrutturazione della parte comune è stata la grande scommessa: «Abbiamo cercato sovvenzioni che non sono arrivate, nessuno di noi era ricco, dovevamo guadagnarci i soldi per ristrutturare. Per questo creammo una cooperativa e ci dedicammo al turismo, all'accoglienza, ai corsi e all’agricoltura. Nella cooperativa entrarono sia soci sia finanziatori e altri che volevano lavorare a tempo pieno nel settore turistico». Esiste ancora l'associazione che ha fondato Torri Superiore e gestisce gli spazi comuni in cui si svolgono le discussioni e gli incontri ed è proprietaria di metà paese. La cooperativa sociale di comunità, invece, gestisce le attività turistiche e ricettive. «Quest’anno abbiamo incontrato Francesca che con due bambine si è inserita nella comunità di Torri Superiore. «È stato bello – mi confida Massimo – i nostri figli erano tutti grandi ed è stato bello tornare ad avere dei bambini nella quotidianità». I figli a un certo punto se ne vanno, ma così come i giovani di Torri sognano la riviera, esiste anche un processo inverso. «Gli amici dei nostri figli ogni tanto vogliono venire. Non tanto per divertirsi, perché qui non è un luogo adatto, ma perché c’è un giro di amici che crescendo sono diventati volontari di Torri, trovandosi nei turni di pulizia e aiutando a servire a tavola». ▲ ITALIA CHE CAMBIA a cura di Daniel Tarozzi* 11 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2020 * Fondatore di Italia che cambia, giornalista e scrittoreSUI SOCIAL DEL CONSORZIO ITALIANO BIOGAS PARLIAMO DI AGRICOLTURA, DI BIOENERGIA, DI MOBILITÀ GREEN, DI BIOFERTILIZZANTI, DI AZIENDE AGRICOLE VIRTUOSE, DI PRODOTTI AGRICOLI SOSTENIBILI. E DI BIOGASFATTOBENE® VIENI A DIRE LA TUA. A seguire i social del CIB, #cibeneficianotutti consorziobiogas.itI .trasporti sono uno dei settori .più difficili da "domare" .a causa dei cambiamenti .climatici. Qualche numero. Sul Pianeta circolano 1.200 milioni di veicoli endotermici alimentati per il 96% a combustibili fossili, mentre quelli elettrici sono 7 milioni. Ogni anno nel mondo si producono 90 milioni di veicoli, dei quali un milione elettrici. E la tendenza non si invertirà. Se dal prossimo anno ci fosse un aumento del 100% dei veicoli elettrici, passeremmo da un milione a due, con effetti inconsistenti sul clima che invece ha bisogno di soluzioni urgenti. Nel 2023, infatti, avremo esaurito lo stock di CO 2 per i più 1,5 °C a fine secolo e nel 2040 quello per il più 2 °C. L'elettrico è la soluzione, ma non lo è con questi tempi stretti. Introdurre i veicoli elettrici in maniera massiccia, passando da un milione ad almeno 50 l'anno, richiede migliorare l'autonomia raddoppiandola, diminuire molto i tempi di ricarica - oggi con un supercharger da 100 kW si ricarica un auto di classe C in mezz’ora, per un'autonomia di 269 km (il confronto con i dieci minuti per 600 km dei fossili è impietoso) - ridurre del 30% se non del 50% i prezzi e sviluppare un'infrastruttura di ricarica adeguata ai momenti di picco e molto più capillare di quella fossile, visto che si ricarica un'auto alla volta. Immaginate un'area di servizio il primo week end di agosto, all’ora di pranzo, dove nell'arco di un'ora arrivano 100 auto elettriche. Servono 100 colonnine rapide - impegnate al 100% solo in brevi periodi - con una potenza d'erogazione complessiva da 10 MW. Uno scenario che difficilmente sarà raggiunto nel 2040. Le stime della Iea danno un utilizzo globale delle fonti fossili nel 2040 del 78%. Oggi siamo all’80,8%. In questo quadro ci si aspetterebbe che siano proposte tutte le alternative possibili e invece il mondo ambientalista punta in maniera massiccia solo ed esclusivamente sull'elettrico che, sia chiaro, è necessario spingere al massimo. Un ostracismo incomprensibile, per esempio, lo subisce il biometano che ha un bilancio di carbonio pari a zero poiché la CO 2 emessa è pari a quella sequestrata ed è utilizzabile subito e a costi ridotti. Per usare il biometano non è necessario adeguare la rete di distribuzione, il retrofit delle auto endotermiche si fa con poche migliaia di euro e se ne aumenta il ciclo di vita, risparmiando 330 tonnellate di CO 2 emessa per ogni anno di vita e in più il rifornimento, per 500 km d'autonomia, avviene in dieci minuti e può essere fatto anche a casa. Con il biometano liquido si rendono sostenibili e profittevoli anche il trasporto pesante e navale, il tutto sviluppando una filiera d'eccellenza italiana. Siamo il secondo Paese europeo per numero d'impianti per la produzione di biogas, abbiamo la rete di distribuzione più capillare al Mondo e siamo leader nel retrofit a biometano dei veicoli endotermici. E siccome il ciclo di vita dei veicoli è in media di quindici anni, l'utilizzo del biometano consentirebbe di arrivare a uno sviluppo dell'elettrico, senza quegli stop&go dannosi per utenti e industrie, riducendo le emissioni immediatamente. Il mondo ambientalista dovrebbe evitare di "innamorarsi perdutamente" di tecnologie immature, come sta accadendo ora con l'idrogeno e valutare tutte le opzioni per ridurre da subito le emissioni. ▲ * giornalista scientifico, caporedattore L’Ecofuturo Magazine Il clima non aspetta Per decarbonizzare i trasporti è necessario utilizzare subito tutte le opzioni possibili ENERGIA a cura di Sergio Ferraris* 13 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2020 Il mondo ambientalista dovrebbe evitare di "innamorarsi perdutamente" di tecnologie immature15 O .gni giorno si perdono fino a 100 capelli e per .ognuno c’è una nuova nascita. Talvolta si va .incontro a diradamento e calvizie per fattori fisiologici come l’ancestrale tendenza a perdere il pelo in primavera e autunno ma ci sono altre concause, come inquinamento, stress e l’utilizzo dei prodotti hair. Nonostante le promesse sulle etichette di shampoo e balsamo, dal mix di ingredienti emerge una scomoda realtà. Nello shampoo si trovano in genere SLS e/o SLES, tensioattivi derivati dal petrolio non biodegradabili, una grande quantità di siliconi, che danno un’apparente morbidezza, impedendo la traspirazione e portando a una maggiore caduta, gli emulsionanti MEA, TEA, o DEA, che portano a capelli grassi e forfora, i Mineral Oil, gli ingannevoli oli idratanti provenienti dalla raffinazione del greggio, l’Alcohol, che in alte concentrazioni determina secchezza, i profumi e i coloranti, aggressivi per la cute e, addirittura, il Triclosan l’antibatterico messo al bando dalla Food and Drug Administration dal 2016 (ancora presente in Europa) per sospette alterazioni dell’equilibrio ormonale e potenzialmente cancerogeno. Se il danno è stato fatto e i capelli sono spenti e radi, meglio correre al riparo con le alternative naturali utilizzando un buon sapone shampoo, come quello di Aleppo, prodotto in modo artigianale con olio d’oliva e alloro o un sapone di Marsiglia per il corpo. Massaggiare bene il panetto sul cuoio capelluto e risciacquare con acqua fredda e aceto per restituire acidità e lucentezza. Un buon rimedio è anche l’autoproduzione di un impacco anticaduta. Si uniscono 50 ml di gel d’Aloe Vera, rinfrescante e stimolante della crescita cellulare, 50 ml di olio di Germe di grano, per nutrire in profondità e 8 gocce di olio essenziale di rosmarino, un’erba officinale impiegata per rafforzare le chiome rade. Sulla lunghezza dei capelli, se ne applicano uno o due cucchiaini, lasciando in posa almeno dieci minuti prima del lavaggio. La durata è di quattro mesi. Due volte al giorno, si dovrebbe massaggiare la capigliatura con le dita a pettine per stimolare i follicoli in riposo a produrre nuovi capelli, grazie al maggior afflusso sanguigno. I nonni consigliavano l’impacco all’olio di ricino che avendo affinità per la cheratina è in grado di riparare le fibre danneggiate, creando un evidente effetto volumizzante. Anche l’alimentazione può far molto. Il miglio, grazie all’acido silicico, è in grado di stimolare e rafforzare tessuti duri come capelli e unghie. Fagioli, alghe, verdure e cereali integrali del gruppo vitaminico B hanno proprietà ristrutturanti. La vitamina C degli agrumi stimola la circolazione sanguigna del cuoio capelluto. Il lievito di birra rallenta la caduta dei capelli e dona volume e lucentezza. Quello in scaglie si può utilizzare sulle pietanze come gustoso insaporitore. Il tè verde contiene la catechina, sostanza utile per la prevenzione del processo d’invecchiamento dei follicoli piliferi. ▲ Rimedi naturali per la caduta dei capelli Prevenire la caduta dei capelli con sistemi sostenibili ed ecologici è possibile * scrittrice e conduttrice tv, Presidente Movimento per la Decrescita Felice AUTOPRODUZIONE a cura di Lucia Cuffaro*www.isolare.it APPROFITTA DELL’ ECO BONUS Risparmia fino al 50% sulla spesa per il riscaldamento/raffreddamento STARE BENE COSTA POCO, CON ISOLARE ® A partire dal primo giorno, per sempre. La coibentazione della vostra casa con la fibra di cellulosa ti permette di risparmiare fino al 50% sulle spese di riscaldamento. Isolare con la fibra di cellulosa è semplice e veloce: basta un giorno per un risultato definitivo, senza sporcare o metterti la casa sottosopra. Per qualsiasi informazione non esitate a chiamarci direttamente +3° D’INVERNO -3° D’ESTATE Non ci credi? Prova a calcolare quanto puoi riparmiare con il programma gratuito che trovi su www.isolare.it . Isolamento del sottotetto e pareti con fibra di cellulosa IL CAPPOTTO INVISIBILE!17 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2020 P ..rendo spunto dall’aumento, a seguito del Covid-19, dei prodotti ..confezionati in imballaggi di plastica nei supermercati, per ..accennare ai pericoli di una bioeconomia contraddittoria e .a .rischio d’insostenibilità. Secondo la Commissione europea - si legge nel 6° Rapporto sulla Bioeconomia, elaborato da Assobiotec e dal cluster Spring e finanziato da Intesa SanPaolo: «la bioeconomia è un’economia che usa le risorse biologiche, provenienti dalla terra e dal mare, così come i rifiuti, come input per la produzione alimentare, mangimistica, industriale ed energetica». Un’economia concentrata sui beni che si ri-producono in natura, che hanno vita e ritornano in vita, già contaminata nella catena industriale e legalmente ancora “contaminabile” nel post vendita, un “unico" bene che avrà due distinti fine vita di cui uno incerto, l’imballaggio. Al consumatore non è dato conoscere di cosa è fatto il materiale delle confezioni, componente principale di tutti gli scarti presenti nei mari; il triangolo con il numero al centro, riferito alla varietà della plastica o alla percentuale dominante, riportato sulle etichette, è applicabile solo su base volontaria dalle imprese, stabilisce la Ue. Bioeconomia contaminata dall’antitesi della bioeconomia. L’Ue sa bene che esiste l’alternativa agli imballaggi plastici da fonte non rinnovabile come la bioplastica - termine che confonde a prescindere - che potrebbe rendere l’acquisto (oggetto + imballaggio) un qualcosa in linea con la bioeconomia del contenuto, tanto promossa sulla carta; salvo poi che la stessa Ue non la contempla nei sistemi di selezione e recupero. Le bioplastiche sono inglobate nel triangolo col il numero “7” cioè “tutto il resto”, il che vuol dire essere recuperate con altre plastiche derivate da petrolio come i policarbonati, il Pvc, ecc. L’Ue riconosce soltanto la carta come imballo alternativo rigenerabile, ma non può contenere liquidi se non accoppiata ad altro materiale non assorbente, plastico o bioplastico. Forse la Commissione intendeva escludere dal ragionamento i rifiuti “non rigenerabili”, cioè non in grado di rigenerare economia. Quali sono? Nessuno alla fine, secondo l’Ue, che giustifica anche il recupero dei rifiuti plastici misti (plastmix) come base di valorizzazione energetica, bruciando tutto, svilendo una ricchezza frutto dell’ingegno umano, della manipolazione e di tutto l’inquinamento che ha prodotto prima di diventare imballaggio, poi espulso dal sistema. Poiché un rifiuto è sempre una diseconomia e gli imballi ne costituiscono una mega-fetta, se fossero progettati in modo “circolare”, sarebbero quasi tutti recuperabili e riusabili? Sì, ma meglio far finta di niente troppi interessi in ballo. «[…] Il Rapporto – dicono gli autori - arriva in un periodo, alle prese con una pandemia, che scopre le fragilità del sistema economico e sociale». Peccato che non aggiunga tra le fragilità, il sistema finanziario, quel corpo a sé non disciplinato, che condiziona le scelte economiche e sociali dei governi, come le multinazionali interessate solo ai profitti e alle scelte della politica. Questo Rapporto rischia di esserne la vera espressione, la più ipocrita. ▲ * Vicepresidente Ass. Chimica Verde Bionet, R&D manager Green Evolution BIOECONOMIA a cura di Marco Benedetti* Il Bio è ben confuso L'Unione Europea non prevede dinamiche specifiche di recupero per le bioplastiche, incrementando così l'incertezzaL .'Ecobonus è il provvedimento del momento e .nonostante la sua complessiva positività non è esente .da dubbi, critiche e osservazioni. C'è anche chi teme .che si traduca in flop, cosa che avrebbe dei riflessi .molto importanti sulle politiche ambientali e climatiche .dei prossimi anni; un fatto di questa portata potrebbe .portare acqua ai nemici dell'efficienza energetica che sono molti, sia in Italia sia in Europa. Per fare chiarezza abbiamo intervistato Riccardo Fraccaro, Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, uno dei padri del provvedimento. Ecobonus 110% che risultati vi aspettate sul fronte economico e su quello ambientale? «Con l’Ecobonus ci aspettiamo di affrontare con la stessa misura le due grandi sfide del nostro tempo: rilanciare il tessuto produttivo e trasformare gradualmente la nostra economia in un sistema a impatto zero. Dobbiamo ricordarci che negli ultimi vent’anni, secondo diversi studi, le detrazioni fiscali hanno stimolato centinaia di miliardi di investimenti. L’Ance ha stimato che il Eco è il bonus L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2020 PERSONAGGI / di Sergio Ferraris L'Ecobonus al 110% ha pregi immensi ma potrebbero esserci anche dei problemi non banali. Parla Riccardo Fraccaro 18Superbonus avrà una ricaduta complessiva sul Pil pari all’1,3%. Noi proveremo a fare meglio. Per quanto riguarda il fronte ambientale, l’Italia è molto avanti sul piano delle energie rinnovabili e può fare meglio sul piano dell’efficienza energetica degli immobili, dove oltre il 60% degli edifici si trova ancora nelle classi energetiche più basse. Il Superbonus vuole trasformare le case da energivore a produttrici di energia, grazie all’efficientamento e all’installazione di impianti fotovoltaici». Pur giudicando il provvedimento buono, molti stakeholder lo considerano troppo burocratico. Cosa ci dice in merito? «In realtà, la maggior parte degli adempimenti già esisteva nella normativa sull’Eco e sul Sismabonus, come la necessità di asseverare i lavori o di effettuare l’attestazione di prestazione energetica. Tuttavia, mi rendo conto che sono stati introdotti nuovi adempimenti. Dobbiamo anche considerare che una detrazione al 110% non era mai stata introdotta nel nostro ordinamento ed era necessario introdurre ulteriori accertamenti, soprattutto sulla congruità delle spese. M’impegno a lavorare nel futuro per rendere sempre più efficace e facile l’applicazione di questa norma. Il Parlamento, per esempio, ha approvato recentemente degli emendamenti importanti per semplificare alcuni aspetti del Superbonus. Si è ampliata la casistica di accesso autonomo, si sono diminuiti i quorum assembleari per approvare l’opzione dello sconto in fattura, e si è limitata la verifica dello stato di legittimità dell’immobile per i lavori condominiali sulle sole parti comuni dell’edificio. Continueremo a lavorare in questa direzione» Come mai non è stata adottata una strategia che modulasse la percentuale d'incentivo in base alla classe energetica raggiunta dopo l'intervento?. «La realtà è che non volevamo ulteriormente complicare l’assetto del Superbonus, introducendo un grado di incertezza sia per le famiglie sia per le imprese. Sappiamo bene quanto in Italia l’incertezza porti a una situazione di immobilismo, mentre oggi abbiamo bisogno di far ripartire rapidamente il settore dell’edilizia, e in particolare di quella green. Il parametro delle due classi energetiche svolge così un ruolo di soglia minima. E per questo i cittadini sono incentivati a rendere ancora più efficiente la propria abitazione. Anche perché è gratis e quanto più è efficiente l’edificio meno si paga in bolletta». In questi giorni si parla di rendere strutturale l'Ecobonus al 110% con i fondi del Recovery Fund. Cosa potrebbe accadere? «Il Recovery Fund ha tra i suoi obiettivi quello di rendere più efficiente il parco immobiliare dei diversi Paesi. È auspicabile quindi che il Superbonus svolgerà un ruolo centrale nel piano che presenteremo e comunicheremo alla Commissione. Credo 19 L'ECOFUTURO MAGAZINE settembre/ottobre 2020 PERSONAGGINext >